DIALOBOT: interfacce dialoganti

TRASCRIZIONE 1

In questo dialogo possiamo vedere come l'interfaccia dialogante sia capace di illustrare la storia legata ad un fittizio prodotto commerciale di marca "PELLE di TALPA", un quadernino per gli appunti di viaggio, e a farlo in modo interattivo: rispondendo cioè, passo dopo passo, alle domande legate alla storia che l'utente gli pone.
Si tratta di un esempio di chatbot che mette in atto un interactive storytelling con finalità di marketing ma anche di intrattenimento.

Utente: ciao
Carlo: Ciao miao!
Sono Carlo e vorrei raccontarti una storia. Posso raccontare?

Utente: tu chi sei?
Carlo: Mi chiamo Carlo, il cognome non te lo dico per questioni di privacy ;-).

Utente: che lavoro fai?
Carlo: Io faccio il bibliotecario ed è un lavoro che mi piace molto.

Utente: sei giovane?
Carlo: Beh non sono proprio giovane ma neanche tanto vecchio. Ho 35 anni per essere sincero.

Utente: raccontami la storia
Carlo: Ti racconterò una storia che mi è capitata recentemente. Durante il racconto, fai pure domande legate a quello che sto descrivendo o chiedimi di proseguire se vuoi sentire come continua la storia.

Utente: ok
Carlo: Sono sempre stato un grande appassionato di viaggi. Fin da piccolo mi piaceva andare, da solo, ad esplorare i boschetti che avevo vicino a casa mia. Ricordo che portavo con me un quaderno a righe dove segnavo, come in un diario segreto, le mie scoperte e le mie osservazioni. Ma non è di questo che voglio parlarti ma del mio ultimo viaggio in India.

Utente: va bene
Carlo: Avevo studiato a fondo il percorso e poi, come al solito, avevo lasciato ogni pianificazione per inseguire tracce, stimoli che attiravano la mia attenzione. Il viaggio, il paese e la gente mi avevano regalato tantissimo e, dato che il tempo che avevo a disposizione stava per finire, ero ritornato nella città in cui avrei preso l'aereo per casa. Stavo cercando una camera dove dormire la mia ultima notte quando mi ritrovai in un vicolo che, in fondo, si chiudeva con un alto muro.

Utente: poi?
Carlo: Mi girai per ritornare nella strada principale e sobbalzai dallo spavento: di fronte a me c'erano due uomini che, evidentemente, mi avevano seguito senza farsi notare. Quello che sembrava più maturo (ma erano ambedue poco più che ragazzi) tirò fuori un coltello e lo puntò verso di me dicendomi, con un inglese stentato, "Give me all your things": "Dammi tutto quello che hai".

Utente: che paura!
Carlo: Devo dire che tutto è capitato così velocemente e inaspettatamente che, nel primo momento, non ho neanche avuto paura. In effetti credo che la mia prima reazione è stata quella dello stupore.

Utente: continua
Carlo: Il ragazzo col coltello agitava la lama di fronte al mio viso mentre l'altro guardava dall'altra parte, attento che non arrivasse nessuno. Portai con calma le mani al marsupio e mi accorsi che tremavano forte. Riuscii però a mantenere la calma e, ripetendo "No problem, no problem", guardando il ragazzo con il coltello, tirai fuori il portafoglio e glielo consegnai.

Utente: perché dicevi "no problem"
Carlo: Non so bene perché ripetevo "No problem", non c'è problema. Forse era un modo per calmare il mio rapinatore, per fargli capire che avrei fatto quanto mi chiedeva. Un po' era anche per calmare me stesso credo.

Utente: ripeti un po' l'ultimo passaggio
Carlo: Il ragazzo col coltello agitava la lama di fronte al mio viso mentre l'altro guardava dall'altra parte, attento che non arrivasse nessuno. Portai con calma le mani al marsupio e mi accorsi che tremavano forte. Riuscii però a mantenere la calma e, ripetendo "No problem, no problem", guardando il ragazzo con il coltello, tirai fuori il portafoglio e glielo consegnai.

Utente: avevi tanti soldi nel portafoglio?
Carlo: Nel portafoglio avevo un centinaio di euro, le carte di credito, e qualche documento tipo patente e simili. Fortunatamente il biglietto d'aereo e il passaporto erano in una tasca interna dei pantaloni. In quel momento però non pensai nemmeno un istante a quello che gli stavo dando: volevo solamente darglielo e far sparire quella lama dalla mia faccia.

Utente: e poi cosa è successo?
Carlo: Dopo aver preso il portafoglio, il ragazzo con il coltello continuò ad agitarsi, anzi sembrava ancora più nervoso e pericoloso e iniziò a gridare "Give me all! Give me all!": "Dammi tutto!". Sentivo il cuore battere forte nel collo ma tutto mi sembrava quasi finto, quasi fosse la scena di un film o di un videogioco. Cominciai a frugare nelle mie numerose tasche e taschini.

Utente: in che senso ti sembrava un film?
Carlo: Non so bene come spiegare ma mi sembrava che tutto fosse una sorta di proiezione, una scena di un film in cui io fossi contemporaneamente attore (pieno di paura) e spettatore (in cui io osservavo, freddamente, quello che succedeva).

Utente: che bagaglio avevi?
Carlo: Io viaggio sempre con pochi bagagli: un piccolo zaino (al massimo sei chili) e uno di quei grossi marsupi da trekking.

Utente: continua
Carlo: Vedevo il ragazzo più giovane, quello che stava dietro a controllare, farsi più agitato e sussurrare qualcosa a quello con il coltello. Io intanto avevo trovato la macchina fotografica e, senza pensare a nulla, l'avevo tesa al mio rapinatore. Ma lui continuava a urlare e io a frugare nelle mie tasche. Ad un certo punto tirai fuori il mio quadernino da viaggio "PELLE di TALPA". Su quel quadernino avevo annotato pensieri, descrizioni di luoghi e persone, fatto piccoli acquerelli di fiori o villaggi. Il ragazzo continuava a gridarmi di dargli tutto e tese la mano verso il mio "PELLE di TALPA".

Utente: quanto valeva la macchina fotografica?
Carlo: La macchina fotografica era una digitale che non valeva poi tanto ma naturalmente era piena delle foto di tutto il viaggio. Ne ero molto legato ma in quel momento non me ne preoccupai per nulla: volevo solo che quel ragazzino con il coltello si calmasse e se ne andasse via.

Utente: ti piace dipingere?
Carlo: Dipingo quello che voglio più fortemente ricordare. L'acquerello non salva tutto come la fotografia ma "quello che conta veramente". La carta del mio "PELLE di TALPA" è perfetta per gli acquerelli.

Utente: cosa è PELLE di TALPA?
Carlo: "PELLE di TALPA" è la marca dei miei quadernini di viaggio. In realtà li uso anche quando sono a casa per annotare appunti, pensieri o cose da fare.

Utente: continua
Carlo: Stavo per darglielo quando qualcosa dentro di me scattò. Quel quadernino non valeva nulla per lui ma per me rappresentava quanto di più profondo e vero avevo raccolto in quel viaggio, in quei bellissimi giorni di vita. La vista mi si annebbiò dalla rabbia e, senza rendermi conto di quello che stavo facendo, mi gettai contro il ragazzo con il coltello dandogli un fortissimo spintone. Penso di aver anche urlato qualcosa tipo "Basta adesso!" ma non ne sono troppo sicuro.

Utente: non avevi paura?
Carlo: Io non sono un tipo coraggioso o un incosciente e odio assolutamente la violenza. Non so bene che cosa accadde in quel momento ma non sentivo nemmeno più paura. La vista era come annebbiata o, meglio, come ridotta, concentrata solamente a quello che avevo di fronte.

Utente: cosa fece il ragazzo?
Carlo: I due ladri erano stupiti della mia reazione improvvisa: il più giovane, quello che aveva il coltello si trovò per terra mentre l'altro si girò per guardarmi.

Utente: continua
Carlo: Il ragazzo con il coltello volò contro il muro e cadde a terra stupito e stordito. Anche l'altro ragazzo si girò di colpo senza capire quello che, alle sue spalle, era successo in una frazione di secondo. Ero completamente fuori di me, raccolsi il coltello e lo iniziai ad agitare di fronte al viso del ragazzo che, intanto, si era alzato e appiattendosi contro il muro alle sue spalle. Urlavo in italiano senza fermarmi neanche per respirare. Gli urlavo in faccia cose tipo "Ti ho dato tutti i soldi e quello che avevo ma tu non capisci quando devi fermarti vero? Non capisci che ti ho dato tutto quello che ho? Non capisci?". Non so che cosa comprendesse il ragazzo, ma mi diede il portafogli e la macchina fotografica. L'altro ragazzo, intanto, stava arretrando senza darmi la schiena.

Utente: perché urlavi in italiano?
Carlo: Chiaramente non aveva senso urlargli in italiano: il ragazzo non poteva capire quello che gli stavo dicendo. A logica avrei potuto urlare in inglese o avrei potuto non urlare affatto. Ma in quel momento la logica non è che funzionasse molto.

Utente: si era fatto male il ragazzo?
Carlo: Il ragazzo volò contro il muro e si prese una botta ma non credo si sia fatto veramente male.

Utente: continua
Carlo: Io continuavo ad urlare come un pazzo che lui non capiva e che gli avevo dato tutto quello che avevo, mentre anche il ragazzo più grande si defilò lentamente dal mio coltello e iniziò a scappare fuori dal vicolo. Intanto altre persone stavano entrando: donne, bambini e qualche vecchio. Infilai tutto quello che avevo in mano nel marsupio e sentii le gambe cedermi. Caddi lungo disteso.

Utente: eri ferito?
Carlo: Non sentivo ferite o dolore e cadendo riuscii a mettere le mani e così, per fortuna, non mi feci nulla.

Utente: chi era quella gente?
Carlo: Scusami non ho capito. Poi dirmi, con altre parole che cosa desideri?

Utente: non importa.
Carlo: Va bene.

Utente: continua.
Carlo: Ero steso a terra come un tappetino ma continuavo ad essere perfettamente cosciente. Le persone vennero vicino e cercano di tirarmi su ma avevo le gambe assolutamente insensibili e molli. Così mi trascinarono vicino al muro facendomi appoggiare la schiena e qualcuno mi portò un bicchierone di latte. Poi le cose andarono meglio. Iniziai a rivedere normalmente (prima vedevo tutto come attraverso un cilindro legato di fronte al viso) e a respirare con più calma. Dovevo anche aver recuperato un po' di colore perché le persone intorno a me si fecero più calme e la maggior parte riprese le sue faccende.

Utente: ti piace il latte?
Carlo: Io odio il latte ma in quel caso mi fece proprio bene.

Utente: avevi ancora paura?
Carlo: Non avevo paura oramai, mi sentivo vuoto e stanco.

Utente: quanta gente c'era intorno a te?
Carlo: Inizialmente la gente cercava di aiutarmi ad alzarmi ma poi mi lasciarono riposare. La mia impressione, da quello che ricordo, era che cercassero di capire se avevo nulla di serio: insomma erano preoccupati.

Utente: continua
Carlo: Dopo qualche minuto in cui una donna e un vecchio mi fecero compagnia ripresi l'uso delle gambe e mi avviai, con loro, sulla strada principale. Li ringraziai a lungo e, con calma, ripresi la mia ricerca di una camera dove dormire. Inutile dire che mi tenni alla larga dalle strade secondarie.

Utente: chi erano quelle persone?
Carlo: Non so chi fossero quel vecchio e quella donna: loro parlavano solo qualche parola di inglese. Inoltre anch'io, me ne rendo conto ora, non chiesi i loro nomi.

Utente: ripeti
Carlo: Dopo qualche minuto in cui una donna e un vecchio mi fecero compagnia ripresi l'uso delle gambe e mi avviai, con loro, sulla strada principale. Li ringraziai a lungo e, con calma, ripresi la mia ricerca di una camera dove dormire. Inutile dire che mi tenni alla larga dalle strade secondarie.

Utente: trovasti la camera?
Carlo: Dopo qualche minuto, procedendo lunga la strada principale, trovai un alberghetto modesto che faceva il caso mio. Presi subito una stanza e mi riposai un poco sul letto. Poi scesi per mangiare qualcosa.

Utente: non andasti dalla polizia?
Carlo: Dato che, a parte la brutta esperienza, non era successo nulla di grave, decisi di non fare denuncia alla polizia. Tanto, credo sarebbe stato inutile e, sinceramente, non avevo voglia di passare la giornata in questura.

Utente: continua
Carlo: Dopo qualche metro trovai una affittacamere e presi una stanza. La sera, dopo cena, scrissi sul mio "PELLE di TALPA" tutto quello che era accaduto. Quel quadernino mi aveva fatto fare una cosa che mai, da me, mi sarei aspettato. Ma in fondo, pensai e penso tutt'ora, quel piccolo quaderno di viaggio, quel diario puntuale e minimo che porto sempre con me anche quando non sono in paesi lontani, mi fa sempre essere diverso. Non nel senso, per fortuna, che mi fa diventare più forte o coraggioso, ma nello sguardo che in me, grazie a lui, si fa più attento e curioso.
Ma c'è ancora una cosa buffa che devo raccontare.

Utente: racconta!
Carlo: Quella sera, dopo la mia disavventura, frugando nel mio marsupio tirai fuori il coltello che avevo strappato al mio rapinatore. Lo misi vicino al letto per regalarlo, il giorno dopo, alla padrona di casa. La mia attenzione però fu attratta da un rotolino che non avevo mai visto prima: lo tirai fuori dal marsupio e lo srotolai: era un piccolo mazzetto di rupie.
Evidentemente avevo, nel mio terrore e nella mia rabbia, talmente spaventato il ragazzo che non solo mi aveva ritornato tutto ciò che mi aveva preso ma mi aveva dato anche i suoi soldi!

Utente: quanti soldi erano?
Carlo: Il mazzetto di rupie, cambiato, sarà stato intorno ai cinquanta euro. Poca cosa per noi ma a Bombay ti assicuro che non sono pochi.

Utente: che cosa hai fatto poi?
Carlo: Il giorno dopo regalai il coltello alla mia padrona di casa e distribuii a dei bambini le rupie che avevo rubato al mio rapinatore. Quindi raggiunsi l'aereoporto e me tornai a casa con il mio amato quadernino "PELLE di TALPA".

Utente: poi?
Carlo: Questa è la mia storia del quadernino da viaggio "PELLE di TALPA" antirapina ;-)
Magari in futuro ti racconterò altre storie legate ai miei viaggi, ma per ora devi accontentarti di quest'unica storia.
Ciao, ti saluto.
Se vuoi fare domande sulla storia appena sentita scrivi RIPETI. Poi puoi fare le domande nel passo specifico della storia.

Utente: la storia mi è piaciuta
Carlo: Sono contento che ti sia piaciuto il mio racconto. Veramente contento.

Utente: addio
Carlo: Addio.



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