DIALOBOT: interfacce dialoganti

TRASCRIZIONE 3

In questo dialogo l'utente fruisce la storia in modo lineare senza interagire (a parte dicendo prosegui) con il sistema. A fine storia poi l'utente ordina al chatbot di ricominciare per fare le domande.

Utente: ciao
Carlo: Buona giornata.
Sono Carlo e vorrei raccontarti una storia. Posso raccontare?

Utente:
Carlo: Ti racconterò una storia che mi è capitata recentemente. Durante il racconto, fai pure domande legate a quello che sto descrivendo o chiedimi di proseguire se vuoi sentire come continua la storia.

Utente: continua
Carlo: Sono sempre stato un grande appassionato di viaggi. Fin da piccolo mi piaceva andare, da solo, ad esplorare i boschetti che avevo vicino a casa mia. Ricordo che portavo con me un quaderno a righe dove segnavo, come in un diario segreto, le mie scoperte e le mie osservazioni. Ma non è di questo che voglio parlarti ma del mio ultimo viaggio in India.

Utente: continua
Carlo: Avevo studiato a fondo il percorso e poi, come al solito, avevo lasciato ogni pianificazione per inseguire tracce, stimoli che attiravano la mia attenzione. Il viaggio, il paese e la gente mi avevano regalato tantissimo e, dato che il tempo che avevo a disposizione stava per finire, ero ritornato nella città in cui avrei preso l'aereo per casa. Stavo cercando una camera dove dormire la mia ultima notte quando mi ritrovai in un vicolo che, in fondo, si chiudeva con un alto muro.

Utente: continua
Carlo: Mi girai per ritornare nella strada principale e sobbalzai dallo spavento: di fronte a me c'erano due uomini che, evidentemente, mi avevano seguito senza farsi notare. Quello che sembrava più maturo (ma erano ambedue poco più che ragazzi) tirò fuori un coltello e lo puntò verso di me dicendomi, con un inglese stentato, "Give me all your things": "Dammi tutto quello che hai".

Utente: continua
Carlo: Il ragazzo col coltello agitava la lama di fronte al mio viso mentre l'altro guardava dall'altra parte, attento che non arrivasse nessuno. Portai con calma le mani al marsupio e mi accorsi che tremavano forte. Riuscii però a mantenere la calma e, ripetendo "No problem, no problem", guardando il ragazzo con il coltello, tirai fuori il portafoglio e glielo consegnai.

Utente: continua
Carlo: Dopo aver preso il portafoglio, il ragazzo con il coltello continuò ad agitarsi, anzi sembrava ancora più nervoso e pericoloso e iniziò a gridare "Give me all! Give me all!": "Dammi tutto!". Sentivo il cuore battere forte nel collo ma tutto mi sembrava quasi finto, quasi fosse la scena di un film o di un videogioco. Cominciai a frugare nelle mie numerose tasche e taschini.

Utente: continua
Carlo: Vedevo il ragazzo più giovane, quello che stava dietro a controllare, farsi più agitato e sussurrare qualcosa a quello con il coltello. Io intanto avevo trovato la macchina fotografica e, senza pensare a nulla, l'avevo tesa al mio rapinatore. Ma lui continuava a urlare e io a frugare nelle mie tasche. Ad un certo punto tirai fuori il mio quadernino da viaggio "PELLE di TALPA". Su quel quadernino avevo annotato pensieri, descrizioni di luoghi e persone, fatto piccoli acquerelli di fiori o villaggi. Il ragazzo continuava a gridarmi di dargli tutto e tese la mano verso il mio "PELLE di TALPA".

Utente: continua
Carlo: Stavo per darglielo quando qualcosa dentro di me scattò. Quel quadernino non valeva nulla per lui ma per me rappresentava quanto di più profondo e vero avevo raccolto in quel viaggio, in quei bellissimi giorni di vita. La vista mi si annebbiò dalla rabbia e, senza rendermi conto di quello che stavo facendo, mi gettai contro il ragazzo con il coltello dandogli un fortissimo spintone. Penso di aver anche urlato qualcosa tipo "Basta adesso!" ma non ne sono troppo sicuro.

Utente: continua
Carlo: Il ragazzo con il coltello volò contro il muro e cadde a terra stupito e stordito. Anche l'altro ragazzo si girò di colpo senza capire quello che, alle sue spalle, era successo in una frazione di secondo. Ero completamente fuori di me, raccolsi il coltello e lo iniziai ad agitare di fronte al viso del ragazzo che, intanto, si era alzato e appiattendosi contro il muro alle sue spalle. Urlavo in italiano senza fermarmi neanche per respirare. Gli urlavo in faccia cose tipo "Ti ho dato tutti i soldi e quello che avevo ma tu non capisci quando devi fermarti vero? Non capisci che ti ho dato tutto quello che ho? Non capisci?". Non so che cosa comprendesse il ragazzo, ma mi diede il portafogli e la macchina fotografica. L'altro ragazzo, intanto, stava arretrando senza darmi la schiena.

Utente: continua
Carlo: Io continuavo ad urlare come un pazzo che lui non capiva e che gli avevo dato tutto quello che avevo, mentre anche il ragazzo più grande si defilò lentamente dal mio coltello e iniziò a scappare fuori dal vicolo. Intanto altre persone stavano entrando: donne, bambini e qualche vecchio. Infilai tutto quello che avevo in mano nel marsupio e sentii le gambe cedermi. Caddi lungo disteso.

Utente: continua
Carlo: Ero steso a terra come un tappetino ma continuavo ad essere perfettamente cosciente. Le persone vennero vicino e cercano di tirarmi su ma avevo le gambe assolutamente insensibili e molli. Così mi trascinarono vicino al muro facendomi appoggiare la schiena e qualcuno mi portò un bicchierone di latte. Poi le cose andarono meglio. Iniziai a rivedere normalmente (prima vedevo tutto come attraverso un cilindro legato di fronte al viso) e a respirare con più calma. Dovevo anche aver recuperato un po' di colore perché le persone intorno a me si fecero più calme e la maggior parte riprese le sue faccende.

Utente: poi?
Carlo: Dopo qualche minuto in cui una donna e un vecchio mi fecero compagnia ripresi l'uso delle gambe e mi avviai, con loro, sulla strada principale. Li ringraziai a lungo e, con calma, ripresi la mia ricerca di una camera dove dormire. Inutile dire che mi tenni alla larga dalle strade secondarie.

Utente: poi?
Carlo: Dopo qualche metro trovai una affittacamere e presi una stanza. La sera, dopo cena, scrissi sul mio "PELLE di TALPA" tutto quello che era accaduto. Quel quadernino mi aveva fatto fare una cosa che mai, da me, mi sarei aspettato. Ma in fondo, pensai e penso tutt'ora, quel piccolo quaderno di viaggio, quel diario puntuale e minimo che porto sempre con me anche quando non sono in paesi lontani, mi fa sempre essere diverso. Non nel senso, per fortuna, che mi fa diventare più forte o coraggioso, ma nello sguardo che in me, grazie a lui, si fa più attento e curioso.
Ma c'è ancora una cosa buffa che devo raccontare.

Utente: racconta
Carlo: Quella sera, dopo la mia disavventura, frugando nel mio marsupio tirai fuori il coltello che avevo strappato al mio rapinatore. Lo misi vicino al letto per regalarlo, il giorno dopo, alla padrona di casa. La mia attenzione però fu attratta da un rotolino che non avevo mai visto prima: lo tirai fuori dal marsupio e lo srotolai: era un piccolo mazzetto di rupie.
Evidentemente avevo, nel mio terrore e nella mia rabbia, talmente spaventato il ragazzo che non solo mi aveva ritornato tutto ciò che mi aveva preso ma mi aveva dato anche i suoi soldi!

Utente: continua
Carlo: Il giorno dopo regalai il coltello alla mia padrona di casa e distribuii a dei bambini le rupie che avevo rubato al mio rapinatore. Quindi raggiunsi l'aereoporto e me tornai a casa con il mio amato quadernino "PELLE di TALPA".

Utente: poi?
Carlo: Questa è la mia storia del quadernino da viaggio "PELLE di TALPA" antirapina ;-)
Magari in futuro ti racconterò altre storie legate ai miei viaggi, ma per ora devi accontentarti di quest'unica storia.
Ciao, ti saluto.
Se vuoi fare domande sulla storia appena sentita scrivi RIPETI. Poi puoi fare le domande nel passo specifico della storia.

Utente: ripeti
Carlo: La storia è finita. Vuoi che te la racconti di nuovo dall'inizio?

Utente:
Carlo: Sono sempre stato un grande appassionato di viaggi. Fin da piccolo mi piaceva andare, da solo, ad esplorare i boschetti che avevo vicino a casa mia. Ricordo che portavo con me un quaderno a righe dove segnavo, come in un diario segreto, le mie scoperte e le mie osservazioni. Ma non è di questo che voglio parlarti ma del mio ultimo viaggio in India.

Utente: hai ancora quel quaderno?
Carlo: Il quaderno era, ricordo, tutto blu e lo avevo "rubato" al suo utilizzo scolastico. Devo averlo ancora da qualche parte, credo di averlo messo in un vecchio baule.

Utente: poi?
Carlo: Avevo studiato a fondo il percorso e poi, come al solito, avevo lasciato ogni pianificazione per inseguire tracce, stimoli che attiravano la mia attenzione. Il viaggio, il paese e la gente mi avevano regalato tantissimo e, dato che il tempo che avevo a disposizione stava per finire, ero ritornato nella città in cui avrei preso l'aereo per casa. Stavo cercando una camera dove dormire la mia ultima notte quando mi ritrovai in un vicolo che, in fondo, si chiudeva con un alto muro.

Utente: che città era?
Carlo: La città era Bombay: qualcosa di veramente indescrivibile.

Utente: com'era bombay?
Carlo: Bombay è una delle città più popolose del mondo, ed è anche tra le più povere: basta questo per dirti com'è. Un universo, un groviglio infinito di esistenze che si intrecciano. Forse, ad avere occhi e cuori buoni, si potrebbe vedere che trama disegnano quei fili: quale figura universale è Bombay.

Utente: continua
Carlo: Mi girai per ritornare nella strada principale e sobbalzai dallo spavento: di fronte a me c'erano due uomini che, evidentemente, mi avevano seguito senza farsi notare. Quello che sembrava più maturo (ma erano ambedue poco più che ragazzi) tirò fuori un coltello e lo puntò verso di me dicendomi, con un inglese stentato, "Give me all your things": "Dammi tutto quello che hai".

Utente: tu sai l'inglese?
Carlo: Sì conosco l'inglese parlato tanto da farmi capire e capire le cose base. Non molto però: meglio se non chattiamo in inglese :-).

Utente: ok
Carlo: Il ragazzo col coltello agitava la lama di fronte al mio viso mentre l'altro guardava dall'altra parte, attento che non arrivasse nessuno. Portai con calma le mani al marsupio e mi accorsi che tremavano forte. Riuscii però a mantenere la calma e, ripetendo "No problem, no problem", guardando il ragazzo con il coltello, tirai fuori il portafoglio e glielo consegnai.

Utente: poi
Carlo: Dopo aver preso il portafoglio, il ragazzo con il coltello continuò ad agitarsi, anzi sembrava ancora più nervoso e pericoloso e iniziò a gridare "Give me all! Give me all!": "Dammi tutto!". Sentivo il cuore battere forte nel collo ma tutto mi sembrava quasi finto, quasi fosse la scena di un film o di un videogioco. Cominciai a frugare nelle mie numerose tasche e taschini.

Utente: adesso devo andare
Carlo: Addio. Spero di non averti annoiato.



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